UOMINI ILLUSTRI

MEDICI alla SANTA CASA degli INCURABILI e OSPEDALI UNITI
[2010 - ASL NA1 centro - P.S.O. Santa Maria del Popolo degli Incurabili]

 

LANZA VINCENZO

(1784 - 1860)

Contenuto PAGE
Vincenzo Lanza 


1. Biografia
2. Bibliografia
    - scritti principali
3. Collegamenti esterni

1. Biografia

LANZA, Vincenzo. - Nacque l'8 maggio 1784 a Foggia, ove i genitori Filippo e Rachele Fiore, originari di Roseto Valfortore e di modeste condizioni, si erano stabiliti al servizio della famiglia Saggese. Compiuti probabilmente a Foggia gli studi elementari e completati quelli primari presso il seminario di Ariano, nel 1800 si trasferì a Napoli per frequentare l'Università: qui, anziché avviarsi alle discipline giuridiche come avrebbe desiderato il padre, si iscrisse al corso di laurea in medicina. Si formò alla scuola di illustri maestri, tra i quali l'anatomista D. Cotugno e il clinico A. Villari, presso l'ospedale degli Incurabili. Subito dopo la laurea, nel 1808 riuscì ad attivare un insegnamento privato di clinica medica presso l'ospedale della Pace (il primo in un ospedale napoletano), divenendone lettore. Ottenuta anche l'autorizzazione all'insegnamento privato presso la propria abitazione, il L. acquisì in breve una meritata reputazione per le dotte lezioni cliniche che dettava. Alla fine del 1811 ottenne la formalizzazione della laurea in medicina e la licenza di esercitare la professione medica. Dopo che nel 1811 fu fondata presso l'ospedale degli Incurabili la clinica medica universitaria, il L. vi ricoprì il ruolo di professore aggiunto fino al 1815, quando fu nominato aggiunto stabile con proprietà della cattedra presso la clinica medica dell'ospedale della Pace.

Con decreto del ministero dell'Interno del 5 febbr. 1817, su parere favorevole di Cotugno, la sua clinica privata divenne pubblica col nome di Clinica dei nuovi sperimenti. Convinto assertore del metodo anatomo-clinico, il L. nello stesso 1817 chiamò nella nuova clinica il morfologo e naturalista S. Delle Chiaie, ottenendone la nomina a "settore anatomico". Completamente dedito all'insegnamento e alla clinica, studioso in particolare delle malattie infettive (nell'epidemia colerica del 1836-37 fece parte di diverse commissioni istituite per fronteggiare il diffondersi del morbo), nel 1831 il L. fu nominato professore titolare della seconda cattedra di medicina pratica dell'Università napoletana. Ritenuto il principe dei medici partenopei dell'epoca, al VII congresso degli scienziati italiani, tenutosi a Napoli nel 1845, egli fu nominato presidente della sezione medicina e nella prima sessione vi tenne una brillante relazione nella quale enfatizzava il ruolo insostituibile dell'anatomia patologica nella patologia e nella clinica.

La sua concezione dell'esercizio della pratica medica, che chiamò "epiteoretica", era basata sulla ricerca e sull'interpretazione logica dei fatti la cui realtà fosse dimostrata dall'osservazione e dall'esperienza, e accettabili solo se svincolati dagli indirizzi dogmatici. Tale metodo, che definì "positivismo medico" o "empirismo ragionato", rigettando decisamente qualsiasi considerazione di deduzioni ipotetiche, esigeva lo studio attento del malato, l'accurata ricerca dei vari segni e sintomi, la loro interpretazione alla luce della ragione e delle conoscenze anatomo-patologiche: era, dunque, il principio ottimale per una corretta e rigorosa attività clinica, secondo il quale si formarono numerosi suoi validi allievi. Tuttavia la nosologia del L. appariva ancora in qualche modo ancorata a quella "medicina dei sistemi" che andava lentamente tramontando, in particolare vicina alla teoria rasoriana: la sua convinzione dell'esistenza dei "radicali", cioè di alterazioni particolari che pur caratterizzate da manifestazioni peculiari erano ognuna in grado di agire come elemento causale nella genesi di molte malattie, sembrava decisamente precorrere le concezioni che di lì a poco avrebbero costituito il diatesismo.

Il L. espose le sue idee e il suo metodo in opere che riscossero unanime consenso: Lezioni cliniche sulle febbri acute, Napoli 1809; Instituzione clinica secondo li principii della medicina antica, browniana e controstimolante, ibid. 1811; Aforismi di clinica, ibid. 1814; Il Giornale clinico del tifo petecchiale, ibid. 1815; Elementi di medicina prattica analitica, ibid. 1826 (primo volume di un consistente progetto editoriale rimasto incompiuto, dedicato a G. Tommasini, il cui primo capitolo fu tradotto in inglese e pubblicato a Londra nello stesso anno: Novum organum medicorum. A new medical logic, or the art of thinking and right reasoning applied to practical medicine…); Ragionamento sul retto uso dell'analisi e della critica nello studio della medicina, Napoli 1832; Provvedimenti curativi nella colera, ibid. 1836; Nosologia positiva, I-V, ibid. 1841-45 (primo testo italiano di patologia redatto da un clinico); Comento su lo stato scientifico nel quale truovasi in Europa la quistione riguardante i provvedimenti sanitarii contra la peste…, ibid. 1846.

Maturava intanto l'adesione del L. alle idee liberali. Eletto deputato al Parlamento del Regno delle Due Sicilie il 18 apr. 1848, fu nominato vicepresidente della Camera e si trovò direttamente coinvolto nelle vicende politiche del maggio-giugno dello stesso anno. Fuggito a Roma l'8 luglio 1848, riparò successivamente nel Regno di Sardegna, stabilendosi a Genova. Il 20 ag. 1853 la Gran Corte criminale di Napoli lo condannava, contumace, alla pena di morte. A Genova il L. ebbe modo di impegnarsi durante l'epidemia di colera del 1854-55: postume furono pubblicate a Napoli, nel 1884, le sue Aggiunte inedite sulla colera corsa in Genova nel 1854, unitamente a un estratto della Nosologia positiva relativo all'epidemia di colera manifestatasi a Napoli nel 1836-37. Il 6 sett. 1855 - dopo la concessione della grazia ottenuta da Ferdinando II il 19 agosto - il L. poté tornare a Napoli, ove era rimasta la sua famiglia. Guardato con sospetto dalle autorità, non riuscì a essere reintegrato nei ruoli universitari: conservò intatta, tuttavia, la sua reputazione di clinico valente. Membro delle prestigiose accademie napoletane Pontaniana e Medico-chirurgica, nel 1859, quando il re tornò malato da un viaggio effettuato nelle Puglie, fu chiamato a consulto al suo capezzale.

Colpito da apoplessia, il L. morì a Napoli il 3 apr. 1860.

A Foggia gli fu eretto un monumento, ora conservato in precarie condizioni, nella villa comunale. Al suo nome fu intitolato il Consorzio provinciale antitubercolare di Capitanata, ed è oggi intitolato un ginnasio-liceo di Foggia.

Fonti e Bibl.: P. Manfredonia, Pe la morte de Vecienzo L. Nestorro de li miedece valiente…, Napoli 1860; G. Giucci, Degli scienziati italiani formanti parte del VII congresso in Napoli… Notizie biografiche, Napoli 1845; Atti della Settima Adunanza degli scienziati italiani, tenuta a Napoli dal 20 settembre al 5 ottobre del MDCCCXLV, Napoli 1846; S. De Renzi, Elogio storico di V. L., Napoli 1869; D. Pace, La medicina napoletana al congresso degli scienziati nel 1845, in La Medicina italiana, II (1921), pp. 817-821; Id.,V. L. e i suoi tempi (1784-1860), in Studium. Riv. di scienza medica, XXI (1931), pp. 179-190; M. Mastrorilli, V. L., in Il Morgagni, LXXVI (1934), pp. 597-602; D. Pace, V. L. e la vita universitaria e ospedaliera a Napoli nel primo Ottocento, a cura di R. Chiarolanza - A. Zazo, Napoli-Foggia-Bari 1962; R. Bernabeo, Il congresso degli scienziati italiani a Napoli nel 1845, in Atti del XIX Congresso nazionale di storia della medicina…, L'Aquila… 1963, s.l. né d. [ma Sulmona 1963], pp. 27-37; F. Garofano-Venosta, V. L., Capua 1969; A. Pazzini, Storia dell'arte sanitaria dalle origini a oggi, II, Torino 1974, pp. 1301, 1303, 1461; G. Cosmacini, Storia della medicina e della sanità in Italia. Dalla peste europea alla guerra mondiale, 1348-1918, Roma-Bari 1987, p. 324; Camera dei deputati, Il Parlamento napoletano del 1848-1849. Storia dell'istituto e inventario dell'archivio, a cura di C. Lodolini Tupputi, Roma 1992, ad ind.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v.; A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte…, III, p. 676.

 

di Alessanro Porro

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