COMPLESSO degli INCURABILI di NAPOLI

SANTA CASA degli INCURABILI in NAPOLI

 

"qualsiasi donna ricca o povera patrizia o plebea indigena o straniera purche incinta bussi e le sarà aperto"

[Venerabile Maria Lorenza Longo (1463-1542)]

Ven. Maria Lorenza Longo (1467-1542)                             [Fond. dell'Ospedale degli Incurabili di Napoli]
Ven. Maria Lorenza Longo (1467-1542) [Fond. dell'Ospedale degli Incurabili di Napoli]

Contenuto PAGE

1. Cenni Storici

    1.1 La Compagnia del Divino Amore -

          Ettore Vernazza

    1.2 Ven. Maria Lorenza Longo

    1.3 Opere di Misericordia agli Incurabili di Napoli

    1.4 Sodalizi Laico / Religiosi agli Incurabili di Napoli

    1.5 Opere Pie degli Incurabili in Italia ed in Europa

2. Bibliografia

3. Multimedia

4. Collegamenti esterni

 

 

 

[last UPDATE 19 settembre 2011 Dom]

1. CENNI STORICI

1.1 La Compagnia del Divino Amore - Ettore Vernazza

Nel 1447 nacque, Caterina Fieschi. Sua madre si chiamava Francesca de Negri, il padre era Giacomo Fieschi, già viceré di Napoli e membro del Consiglio degli Anziani della Repubblica. Caterina, nobile, ricca e bella, sposò, a sedici anni, in un matrimonio combinato, un membro della potente famiglia degli Adorno.

Ma ben presto iniziò a sfuggire la vita mondana, gli ambienti che le erano più consoni per nascita, e a dedicarsi ai poveri e ai malati. All’epoca Genova possedeva un ospedale che sarebbe stato per secoli il più importante della città, il Pammatone, fondato dal giurista Bartolomeo Bosco, nel 1420, e da lui affidato alla Congregazione della Beata Vergine della Misericordia.

Come nota il De Negri, nella sua Storia di Genova, Bosco fu il classico esempio del sorgere di “forme di carità pubblica, ispirate alla spiritualità cristiana”. Fu, inoltre, uno dei tanti benestanti che in epoca medievale e rinascimentale donarono parte dei loro averi per il servizio dei bisognosi.

Spesso questi benefattori erano sovrani, o regine, che fondavano o mantenevano xenodochi, nosocomi, ricoveri di vario genere. Talora erano ricchi banchieri o mercanti o semplici artigiani, che volevano contribuire al bene della loro città, o che nello stesso tempo desideravano scontare dinanzi a Dio, con tali gesti, guadagni peccaminosi (ottenuti con l’inganno, o con l’usura). Tra questi si possono ricordare, andando più indietro nel tempo, il francese Verimboldo, un usuraio morto a Cambrai nel 1150 e il mercante fiorentino Folco Portinari.

Il primo aveva condotto una vita piuttosto agiata, mentre la moglie si era dedicata a nutrire i poveri. Alla morte di questa, Verimboldo “si ritirò in un monastero con i suoi quattro figli, promuovendo un numero sempre maggiore di opere di beneficenza, mantenendo 25 ospiti nella abbazia di Saint-Hubert, pagando personalmente la manutenzione di un ponte ed elargendo una dote ad un ospedale; ridotto in miseria terminò i suoi giorni tra i poveri e al servizio dei poveri”[1].

Il secondo, noto anche come il padre della Beatrice amata da Dante Alighieri, fu il fondatore dell’importantissimo ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova. Egli lo fondò nel 1288, dietro suggerimento della sua domestica, Monna Tessa, nel clima di grande fervore religioso e di carità cristiana della Firenze del Trecento, quando era ancora vivo il ricordo della venuta fiorentina di Francesco d’Assisi. Monna Tessa, infatti, era una terziaria francescana, fondatrice delle Oblate Ospitaliere di Santa Maria Nuova, che furono per secoli le infermiere laiche e volontarie dell’ospedale fondato dal Portinari. Le Oblate di Monna Tessa – che avevano nello stemma la frase di Cristo: “Fui Infermo e mi visitasti” – pulivano e fasciavano le piaghe dei malati, facevano e disfacevano i giacigli, somministravano cibi e pozioni di erbe, alloggiavano i pellegrini di passaggio verso Roma. Insomma, tutto quello che fecero per secoli le infermiere, prima dell’avvento graduale di una sempre maggior specializzazione, da loro abbracciata con entusiasmo[2].

Ebbene, tornando a Caterina, costei venne presto nominata Rettore dell’Ospedale Pammatone: ivi prese dimora, abbandonando i suoi ricchi palazzi. Ella redigeva la contabilità; provvedeva alle necessità dei ricoverati e del personale; e grazie alle sue importanti conoscenze, e al suo fascino spirituale, riusciva ad attirare aiuti, donazioni e il sostegno di importanti personalità della città. Inoltre scriveva di argomenti spirituali, in particolare Il trattato del Purgatorio[3].

Un giorno, abbracciando una terziaria francescana appestata, Caterina rimase contagiata, ma riuscì ugualmente a sopravvivere per alcuni anni, sino alla morte, avvenuta nel 1510.

Il suo nome sarebbe divenuto assai famoso, come quello dell’altra santa omonima, Caterina da Siena, consigliera di papi ma anche solerte infermiera nel lebbrosario di san Lazzaro, nella sua città. Caterina, che venne nominata patrona di Genova e patrona degli ospedali italiani, fu maestra per varie personalità influenti della città. Tra queste il notaio, anch’egli genovese, Ettore Vernazza, fondatore della Compagnia del Divino Amore. Il Vernazza era un ricco e potente notaio genovese del XV secolo, rimasto vedovo, che decise di dedicare la sua vita a Dio e al prossimo, insieme a personaggi che diverranno dogi, senatori, papi. Oltre che alla carità, costoro si dedicavano a contrastare la generale decadenza della Chiesa, cui appartenevano con molta devozione, propria di quell’epoca.

In particolare, l’azione di instancabile organizzatore del Vernazza fu quella di creare, per primo in Europa, i cosiddetti “Ospedali degli Incurabili”, prima a Genova (1497), poi a Roma (1515) e Napoli (1517), e di conseguenza: Palermo, Firenze, Bologna, Savona, Brescia, Padova, Venezia[4].

Chi erano, a quest’epoca, gli “incurabili”? Erano i sifilitici. La sifilide era entrata in Italia, probabilmente, al seguito degli eserciti di Carlo VIII e delle migliaia di meretrici che lo accompagnavano. Si trattava di una malattia trasmessa per contagio sessuale, che colpiva prima le parti intime, per poi estendersi a tutto il corpo, sino ad intaccare la psiche e il sistema neurologico. “Propiziata da Venere – scrive il Cosmacini –, è micidiale come Marte”. Fu la lebbra, o meglio, la peste dell’età rinascimentale. Era un male dilagante, dichiara un testimone dell’epoca: “Le persone si coprivano di grandi vesciche, pustole e ascessi su tutto il corpo ed erano talmente trasformate che guardarle era cosa orribile e spaventosa”.

Gli ospedali, compreso il Pammatone, rifiutavano questi “incurabili”, maleodoranti, contagiosi e fetidi. Vernazza, invece, si dedicò proprio a loro e invitò a guardarli “come se fossero non uomini, ma quasi portatori in sé della persona stessa di nostro Signore”.

Egli fu sostenuto, in quest’opera, a Genova, dalle sue influenti relazioni; a Napoli dalla nobile catalana Maria Lorenza Longo, della quale fu saggio ispiratore[5]; a Roma dal Papa Leone X, che gli mise a disposizione l’antico Ospedale di san Giacomo in Augusta, allora fatiscente e bisognoso di completa ristrutturazione, dotandolo di privilegi fiscali ed economici, e persino offrendo “l’indulgenza plenaria per quanti avessero versato almeno dieci ducati d’oro per la cura degli infermi”.

Instancabile nella preghiera e nell’azione, questo notaio che avrebbe potuto fare ben altra vita, si occupava anche degli orfani, dei poveri vergognosi, degli schiavi da riscattare, finché alla fine della vita, fu chiamato a costruire il Lazzaretto di Genova, alla foce del Bisagno.

Vernazza conosceva bene la peste, implacabile nemica sempre pronta ad infiltrarsi in una città portuale come la sua, ed era proprio a causa di questa che aveva conosciuto la Compagnia del Mandilletto e Caterina stessa. Il lazzaretto, voluto anche dal doge, venne edificato, soprattutto grazie alle ricche donazioni di personaggi altolocati, ma anche di un’umile benefattrice, di un calzolaio di nome Paolo de Soprano, del Banco di San Giorgio e di tanti altri generosi donatori privati.

“Alla Compagnia della Carità, una nuova istituzione scaturita dal genio cristiano di Vernazza e che Leone X ha nel frattempo approvato, il 28 gennaio 1520, con la bolla Illius qui charitas est, viene affidato il compito di sovrintendere al completamento dei lavori e di convogliare altre eventuali aliquote, derivate da lasciti pubblici, nella pentola comune. Insomma, quando, all’inizio dell’estate del 1524, la grande Eguagliatrice proietta l’ombra della sua falce sui cieli d’Italia, le strutture ospedaliere a Genova sono ormai pronte per il collaudo. Ed è pronta anche, per riprendere l’espressione di padre Cassiano, la principale delle vittime sacrificate nel simbolico olocausto. Si chiama Ettore Vernazza. Ha cinquantaquattro anni, tre figlie claustrali e una instancabile storia di bene alle proprie spalle”.

Morì chino come fra Cristoforo sui bubboni dei suoi malati, assistendo i quali contrasse la peste. Fu testimone, come tanti, del carattere soprannaturale della carità di Cristo[6].

da: Francesco Agnoli: Case di Dio e ospedali degli uomini. Perchè, come e dove sono nati gli ospedali (Fede & Cultura)

 

[1] M. Mollat, op. cit., p. 116.

[2] Le oblate di Monna Tessa hanno ricevuto il Fiorino d’oro, simbolo della città, nel 2003. Oltre ai due personaggi citati si possono ricordare altri laici fondatori: sant’Omobono, patrono di Cremona, morto nel 1197, che donò i suoi beni per l’assistenza ai poveri; il ciabattino san Raimondo Zanfogni, detto Palmerio, di Piacenza (morto nel 1200), fondatore di case per nullatenenti e di un ospizio per malati e bambini abbandonati. Citiamo anche san Gerardo Tintori (morto nel 1207), a cui è dedicato l’attuale ospedale di Monza, figlio probabilmente di tintori: utilizzò il cospicuo patrimonio paterno per fondare, nel 1174, un ospedale, tramite un accordo col Comune e il Capitolo del Duomo (l’ospedale fu diretto da lui stesso, con l’ausilio di un gruppo di laici legati da vita comune ed impegno al celibato); san Gualtiero da Lodi (morto nel 1223), che dopo aver lavorato a Piacenza presso l’ospedale di Raimondo, fondò un ospedale a Lodi e uno a Vercelli, con il sostegno delle locali autorità pubbliche.

[3] P. Lingua, Caterina degli ospedali, Ed. Camunia, Milano, 1986. Benedetto XVI ha ricordato santa Caterina in un’udienza pubblica, il 12 gennaio 2011, affermando, tra le altre cose: “Il luogo della sua ascesa alle vette mistiche fu l’ospedale di Pammatone, il più grande complesso ospedaliero genovese, del quale ella fu direttrice e animatrice. Quindi Caterina vive un’esistenza totalmente attiva, nonostante questa profondità della sua vita interiore. A Pammatone si venne formando attorno a lei un gruppo di seguaci, discepoli e collaboratori, affascinati dalla sua vita di fede e dalla sua carità. Lo stesso marito, Giuliano Adorno, ne fu conquistato tanto da lasciare la sua vita dissipata, diventare terziario francescano e trasferirsi nell’ospedale per dare il suo aiuto alla moglie. L’impegno di Caterina nella cura dei malati si svolse fino al termine del suo cammino terreno, il 15 settembre 1510. Dalla conversione alla morte non vi furono eventi straordinari, ma due elementi caratterizzarono l’intera sua esistenza: da una parte l’esperienza mistica, cioè, la profonda unione con Dio, sentita come un’unione sponsale, e, dall’altra, l’assistenza ai malati, l’organizzazione dell’ospedale, il servizio al prossimo, specialmente i più bisognosi e abbandonati. Questi due poli – Dio e il prossimo – riempirono totalmente la sua vita, trascorsa praticamente all’interno delle mura dell’ospedale”.

[4] Nel 1517 Gaetano da Thiene, amico del Vernazza, “fondatore dell’ordine dei Teatini e Santo, riuscì a farsi assegnare un terreno poco distante dalla chiesa dello Spirito Santo, sul quale egli costruì un ‘ospissio’ in legno, al fine di dare accoglienza a uomini e donne affetti da quello che veniva allora chiamato il morbo gallico od anche mal francese, quindi i malati di sifilide. Con i proventi di una questua in seguito autorizzata dal Consejo dei Diese e con il generoso sostegno economico offerto dalle nobildonne Maria Malipiero e Marina Grimani, nel 1522 Gaetano da Thiene riuscì ad intraprendere la costruzione in muratura di un più vasto complesso ospedaliero, paragonabile per mole a quello dei Mendingoli (ma sorto con un secolo di anticipo rispetto a quest’ultimo), lungo la fondamenta delle zattere allo Spirito Santo, prospiciente il canal de la Zueca… La partenza da Venezia di Gaetano da Thiene diede alla Repubblica l’occasione per porre al vertice dell’‘ospeal’ il nobiluomo Girolamo Miani (poi divenuto anch’esso Santo), che a sua volta già aveva istituito due asili per fanciulli abbandonati (a San Bastian e a San Rocco) ed un ‘ospeal’ per i febbricitanti, detto all’epoca il Bersaglio. Per poter meglio accudire sia gli orfani che i malati, Girolamo Miani chiese ed ottenne nel 1527 di riunire in questo ‘ospeal’ gli orfani delle due case (che continuarono ad essere accolti fino alla chiusura). Per meglio tutelarne l’attività e facilitare i lasciti testamentari, nel 1538 il Consejo Mazor sottoponeva l’ospeal allo juspatronato del Dose, affidandone nel contempo il governo ad un apposito comitato, formato da nobiluomini e da cittadini, composto da non meno di dodici e non più di ventiquattro membri. Nell’ospeal profusero la loro opera di carità anche Ignazio di Loyola e Francesco Saverio (entrambi santi), mentre nei secoli che seguirono la gestione venne dapprima affidata ai chierici di san Gaetano, poi ai gesuiti e infine ai chierici regolari di Somasco. L’assistenza ai malati era inizialmente effettuata da dodici nobildonne per le donzelle e le inferme, da nobiluomini per gli infermi; più tardi da personale salariato cui soprintendevano i Governatori” (http://www.veneziamuseo.it/TERRA/Dorsoduro/Gregorio
/greg_osp_incurabili.htm; Alvise Zorzi, La Repubblica del leone, Rusconi, Milano, 1979, pp. 324-325).

[5] “Di nobile famiglia catalana, Maria Requenses sposò nel 1483 Giovanni Longo, funzionario di Ferdinando II d’Aragona, e nel 1506 seguì il marito a Napoli: rimase vedova poco tempo dopo, nel 1509. Affetta sin dalla giovinezza da una forma di artrite reumatoide, nel 1516 si recò in pellegrinaggio al santuario della Santa Casa di Loreto, per impetrare la grazia della guarigione: guarita, fece voto di dedicare il resto della sua vita alla cura degli infermi ed entrò nel Terz’ordine secolare di san Francesco assumendo il nome di Maria Lorenza. Tornata a Napoli, iniziò a prestare servizio presso l’ospedale di San Nicola, presso il Castel Novo, ma poi ebbe l’idea di fondarne uno nuovo per soddisfare le richieste dei sempre più numerosi infermi. Grazie al sostegno dei suoi potenti amici, fondò l’ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili, presso Porta San Gennaro, inaugurato il 23 marzo del 1522: per intercessione del vescovo di Chieti Gian Pietro Carafa, l’ospedale ottenne numerosi privilegi dai papi Leone X ed Adriano VI; i suoi statuti vennero approvati da Papa Clemente VII con la bolla Ex supernae dispositionis dell’11 dicembre 1523. La Longo resse l’ospedale come Rettora per dieci anni” (fonte: Wikipedia). Inoltre la Longo organizzò un corpo di 33 infermiere che dovevano dedicarsi ad una struttura con 600 letti, nella quale venivano assistiti oltre ai sifilitici, malati di asma, sciatica, deliranti e anche le donne incinte e le prostitute. Su una pietra all’entrata dell’ospedale, era scritto: “Non importa che tu sia ricca o povera, se sei gravida bussa a questa porta e ti sarà aperto”.

[6] A. Massobrio, Ettore Vernazza. L’apostolo degli incurabili, Città Nuova, Roma, 2002; Giorgio Cosmacini, Le spade di Damocle, Laterza, Bari, 2006, p. 70.

[Fonte: http://www.libertaepersona.org/wordpress/2012/04/ettore-vernazza-un-santo-per-gli-incurabili/]

Posted 20 agosta 2014 mer

1.2 Ven. Maria Lorenza Longo

Farmacia dell' Ospedale Incurabili di Napoli - "Sala del Maggior Consiglio" - Maria Lorenza Longo riceve l'abito di terziaria (1590 circa) [1] [2]
Farmacia dell' Ospedale Incurabili di Napoli - "Sala del Maggior Consiglio" - Maria Lorenza Longo riceve l'abito di terziaria (1590 circa) [1] [2]

 Oriunda della Catalogna, nacque nel 1463 da nobili e ricchi genitori, della stirpe Richenza, i quali la diedero in sposa appena quindicenne a Giovanni Longo (Lonc), Gran Cancelliere del regno di Spagna e poi segretario del re. Dopo qualche anno a seguito di una malattia, conseguenza di un tentativo di avvelenamento da parte di una serva, rimase paralizzata.

Nel 1506, nonostante la paralisi, seguì con la famiglia il marito, che era stato trasferito nel Vicereame di Napoli; quindi si recò in pellegrinaggio a Loreto, dove si sentì prodigiosamente risanata. A 46 anni nel 1509 rimase vedova con tre figli. Da nobile e ricca spagnola, prese a dedicarsi alle opere di carità, così necessarie alla popolazione napoletana abbastanza povera, prima presso l’ospedale di S. Niccolò, poi grazie ai suoi beni, edificò lei stessa nel 1519, il celebre Ospedale degli Incurabili, ancora oggi completamente funzionante nel centro antico di Napoli e che sarà luogo di lavoro caritatevole di s. Gaetano da Thiene e degli altri ‘teatini’ giunti a Napoli nel 1533.

Con l’aiuto dello stesso s. Gaetano, divenuto suo direttore spirituale, scrisse le sapienti regole di conduzione dell’ospedale, di cui assunse la direzione; nel 1526 costruì una casa per le donne traviate, accanto al complesso ospedaliero e anche un monastero per pie donne, componendo per le due Istituzioni delle regole speciali.

Insieme con la duchessa di Termoli, Maria Ajerbo d'Aragona riunì dame e giovani delle migliori famiglie napoletane, in una Congregazione dal titolo di “Madri della carità”, con lo scopo di aiutare gli ammalati poveri del suo ospedale; fece di tutto affinché i Cappuccini venissero a Napoli e per loro costruì il convento di S. Eframo Vecchio nel 1530.

Aveva 72 anni, quando ormai sistemati i suoi figli, si ritirò nel convento da lei fondato nel 1535 di S. Maria di Gerusalemme, detto dal popolo “il monastero delle trentatrè” forse perché si diceva che le suore non superavano il numero di 33; detto monastero seguiva la Regola del Terz’Ordine Francescano e poi subentrati nella direzione i frati cappuccini, seguì la Regola di S. Chiara, istituendosi così le prime suore Clarisse Cappuccine che da Napoli, si diffusero in tutta Italia.

Maria Lorenza Longo fu nominata badessa da papa Paolo III carica che conservò fino alla morte avvenuta a 79 anni, nel 1542 (alcune ricerche storiche sono propense ad indicare il 1539).

Madre Lorenza Longo affidò le sue suore, per il sostentamento, ai dirigenti dell’ospedale; ma alla fine del- l’800, esse furono relegate in uno spazio ristretto, a seguito delle leggi anticlericali imperanti e i _ del complesso monastico, chiostro, orto, refettorio ecc. fu incamerato dall’Ospedale degli Incurabili per allargarne le camerate di degenza e aprire altri reparti; le suore si ridussero a tre e nel corso di questo secolo appena trascorso, hanno sempre tentato di riavere parte dello spazio requisito, che le avrebbe permesso di vivere una vita claustrale più consona allo spirito della Regola.

Nel 1958 fu concesso loro un pezzo dell’orto del giardino, intanto buona parte del requisito, finì in uno stato di abbandono, rifugio per tossicodipendenti e pericolo per l’adiacente convento; finalmente la secolare questione ha avuto una provvisoria soluzione il 4 dicembre 2001, con la consegna alle Clarisse Cappuccine di Napoli, di tutte quelle aree non utilizzate dall’ospedale e che una volta, prima che venissero divise da alti muri che toglievano e tolgono aria al convento, erano appartenute all’Istituto fondato nel 1535 da Madre Maria Lorenza Longo, nel suo impeto d’amore per la cura, sia per il corpo che per le anime; nonostante tutto la sua figura è rimasta nel silenzio e nell’oscurità per quattro secoli: nascosta la Madre, nascoste le figlie Cappuccine; essa è ricordata nel suo Istituto da secoli al 21 dicembre, data presunta della sua morte, in attesa che la Chiesa l’annoveri ufficialmente fra i suoi beati.

Autore: Antonio Borrelli

[Fonte:http://ospedaleincurabili.jimdo.com/la-fondatrice/]

1.2 Opere di Misericordia agli Incurabili di Napoli

1.4 Sodalizi Laico/Religiosi agli Incurabili

1.5 Opere Pie degli Incurabili in Italia ed in Europa

 Più di cento Ospedali degli Incurabili vennero fondati in Italia ed in Europa  per l'assistenza ai colpiti dal « mal francese » [3]

Il notaio Ettore Vernazza, discepolo della santa, Caterina Fieschi Adorno,  è l'animatore dell'Oratorio romano del Divino Amore, fondato nel 1517, e il probabile istitutore degli ospedali per incurabili bolognese e savonese (1513 e 1514) [4] 

 

1.   Arciospedale di San Giacomo in Augusta o degli Incurabili [Roma] 
      [1339] Fondazione Cardinal Giacomo Colonna

      [1451] Costituzione "Congregazione detta Società di Santa Maria del Popolo"

      [2008] Dismesso l'Ospedale - Chiuso

2.    Ospedale degli Incurabili o Spedaletto [Genova]

       [Ridotto di S. Maria degli Incurabili]
       [xxxx] Fondatore EttoreVernazza
       [27/00/1500] Statuto "Ospedale degli Incurabili o cronici"
       [xxxx] Soppresso

3.    Ospedale degli Incurabili sulle Zattere [Venezia]

       [1520] Fondatore S. Gaetano da Thiene

       [1807] Soppressione [Periodo Francese - Napoleonide]

       [xxxx] cambio destinazione d'uso

 4.    Ospedale di San Bartolomeno degli Incurabili [Palermo]
        [xxxx] Fondatore
        [xxxx] dismissione - [cambio destinazione d'uso  Conservatorio Santo Spirito]

5.   Ospedale degli Incurabili [Vicenza]
      [1519] Fondatore S. Gaetano daThiene

6.   Santa Casa, ed ospedale degli Incurabili [Napoli]
      [1519] Fondatrice Ven.le Maria Lorenza Longo 

7.    Ospedale di San Niccolò degli Incurabili [Perugia]
       [xxxx]

       [16/08/2014 dom - fonte: http://www.archiviodistatoperugia.it/sites/default/files/bibliografia_congregazione_di_carita_e_corporazioni_religi....pdf

8.    Ospedale degli Incurabili [Bologna ]
       [xxxx] Fondatore Ettore Vernazza

9.    Ospedale San Paolo degli Incurabili [Savona ]
       [[1512-1513] Fondatore Ettore Vernazza

10. Ospedale della Ss. Trinità degli Incurabili [Firenze]

      [xxxx]

11. Ospedale di S. Sebastiano degli Incurabili [Trapani]
      [1515]

12.   Pia Casa degli incurabili di Abbiategrasso [Milano]
        [1784] Fondazione
        [1937] Soppresso
        [18/02/2012 sab. - Fonte: http://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/soggetti-produttori/ente/MIDB000CF2/]

13. Ospedale di S. Niccolò al molo detto Incurabili [Napoli]
      1xxx] Fondazione

14- [Messina]

15. Ospedale di San Marco e degli Incurabili [Catania]
      [1565] Unificazione - privilegio vescovo Nicola Maria Caracciolo [Napoli 1537 - 1578]
      [8/10/2013 mar - Fonte: http://www3.unict.it/aos/Province/Catania/catania.htm]

16. Ospedale di S. Paolo in conversione degli Incurabili [Alcamo]

      [1533] Fondazione

17. Ospedale di Santa Lucia degli Incurabili [Siracusa]

      [1555] Fondazione

18. [Licata]

19. [Bivona]

20. Ospedale degli Incurabili - [Brescia]

      [1521] Fondatore Girolamo Bartolomeo Stella

      [28/08/2013 lun - Fonte: http://www.angelamerici.org]

21. Ospedale Santa Maria della Misericordia detto degli Incurabili [Torre del Greco -NA]

      [1570] Fondatore don Ferrante Bucca d'Aragona

      [28/10/2013 lun]

22. Conservatorio Musicale degli Incurabili [Venezia][5]

      [xxxx] Fondatore

      [14/10/2013 lun - attivo 1743-1747]

23. Ospedale degli Incurabili [Kinkontiloch - Scozia]

      [1877] attivo

      [11/01/2014 sab - Fonte: http://www.treccani.it]

24. Ospedale St. Bartholomen the Great [Londra - UK]

      [1102] Fondato

      [1730] Riedificato

      [11/01/2014 sab - Fonte: http://www.treccani.it]

25. [Plymouth - base navale]

      [1764] terminato

      [11/01/2014 sab]

26. [Parigi - FR]

      [11/01/2014 sab]

27. [Boemia ?!]

      [11/01/2014 sab]

28. [San Giacomo degli Incurabili - Vetralla]

      [22/04/2014 mar - Fonte:http://www.polinice.org/2013/03/le-grandi-battaglie.html]

29.Ospedale degli incurabili Cuneo (CN)
     fonte : Comune di Cuneo. Archivio storico -

     Fondo Casa “Mater Amabilis”  
    [30/082014 sab - http://www.comune.cuneo.gov.it/fileadmin/comune_cuneo/content/amm_organiz/cultura/centro_doc_territoriale/Archivio_Storico/INV-Casa_Mater_Amabilis_01.pdf

30. Ospedale degli Incurabili [Barletta]

      [1539]

      [30/08/2014 sab - Fonte: http://araldicabarlettana.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=27711&yy=2007&mm=4&r=75105&p=2

31. Ospizio Camerini per gli Incurabili in Padova

      [23/12/2014 mer]

32. Ospedale degli Incurabili di Pavia

      [23/12/2014 mer]

33. Ospizio Sacra Famiglia per Incurabili di Cesano Boscone

      [26/12/2014 sab]

34. Ospedale dei poveri cronici ed incurabili - Foligno [Perugia]

      [25/05/2015 lun - Fonte: siusa.archivi.beniculturali.it › ... › Soggetti produttori - Enti ]

1.5 Note a Pie di Pagina

[1] Giuliana Boccadamo e Alda de Luzenberger - Maria Longo e la Napoli della prima metà del '500

[2] AA.VV - L'Ospedale del reame, gli Incurabili [2010]

[3] Paolo Farina, Alberto    Grimoldi - Per quale Milano: Conoscere la storia di Milano per cambiare la città [1973] - 300 pagine

[4] L. Scaraffia, G. Zarri - Donne e fede: santità e vita religiosa in Italia  [2009]  552 pagine

[5] F. Melisi: Tesori musicali (e dintorni) nel Conservatorio "S. Pietro a Majella" di Napoli"[1995]

2. BIBLIOGRAFIA

- Torselli O., Istoria dell'origine e traslazione della S. Casa della B. Vergine Maria di Loreto, tradotto in lingua toscana da Bartolomeo Zucchi. 6 voll, Venezia, 1614
- Malapiero F., La Beata Maria Laurentia Longo Matrona napoletana, fondatrice et istitutrice delle molto reverende Madri Cappuccine, Venezia, 1640
- Modi di vivere e cerimonie che osservano le Monache Cappuccine di Napoli, che stanno al monastero di S. Maria di Gerusalemme, dette le Trentatre, Napoli 1712
- Pirozzi G., Dell'eroiche imprese della venerabile Maria Lorenza Longo, fondatrice del magnifico Ospedale degli Incurabili e del monastero delle Religiose Cappuccine in Napoli, Napoli 1835,
- Strina M., Della vita e dei fatti celebri di Maria Lorenza Longo, Napoli 1880.
- D'Alenconi E., La venerabile serva di Dio Maria Lorenza Longo, Napoli-Roma 1896.
- Falanga A., La Venerabile Maria Lorenza Longo, fondatrice dell'Ospedale Incurabili e delle Monache Cappuccine in Napoli (1463-1542) - Napoli, 1991.

3. MULTIMEDIA

Gli Incurabili l'Ospedale la farmacia il museo [2002]

3. COLLEGAMENTI ESTERNI

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